di: R.Ferrara
Parole: 487 | Visite totali: 1381
La personale dell'artista, presentata alla
Triennale di Milano, ha un
titolo veramente calzante: the Andy Warhol Show; infatti, in questa
edizione, i curatori della mostra: Morera e Mercurio vorrebbero
dimostrare come la produzione di Warhol sia incentrata sul significato
del verbo to show: mostrare, apparira, far vedere, esibire, esporre,
presentare ecc.
Uomo riservatissimo, creerà intorno a sé un'aura di curiosità e
ammirazione dettate dal suo totale distacco dagli altri. Warhol
possiede una capacità rara: riesce esattamente a cogliere le occasioni
che i vari momenti storici gli sembrano propiziare. Irriverente e
dissacratore si lancia nel campo artistico scommettendo tutto su sé
stesso, la fiducia nelle proprie capacità verrà ripagata largamente.
Gli esordi dell'artista sono difficili. Figlio di immigrati
cecoslovacchi nasce, nel 1928, a Pittsburgh in Pensylvania.
Inizialmente frequenta l'istituto tecnico cittadino e subito dopo il
diploma si trasferisce nella “grande mela” 1949. Lavora come grafico e,
nel giro di pochi anni, raggiunge i vertici del settore. Diventa uno
tra i professionisti più richiesti, vince vari riconoscimenti e
collabora con riviste del calibro di Glamour, del New Yorker e di
Harper Bazaar. All'apice della carriera abbandona tutto per l'arte. La
scelta non sarà facile, vista la condizione di povertà vissuta durante
il periodo infantile, eppure alla base c'è una volontà precisa. Wharol
sostiene che il lavoro del grafico pubblicitario sia toppo personale.
Ogni volta che l'artista studia uno slogan piuttosto che una singola
pubblicità, mette in gioco troppo di sé. In maniera lineare i suoi
prodotti più famosi sono appunto delle serigrafie. “I'm a machine” sono
una macchina. In linea teorica Warhol sostiene che durante il processo
di stampa egli sia solamente uno strumento del processo produttivo. Con
le prime serigrafie mette “k.o. uno dei concetti storici legati
all'unicità dell'opera d'arte.
Durante le interviste
volontariamente non risponde alle domande dirette, con gli “amici”
frappone il diaframma del registratore portatile. Nessuno può vantare
di aver conosciuto realmente Andy. La maschera così creata funziona.
D'altro canto l'artista è presente in tutte le occasioni mondane le più
glamour di New York, arrivando alla scelta esasperata di affidare ad un
sosia le conferenze da tenere presso le accademie e le università
americane.
Durante gli anni della
carriera artistica mette in moto un meccanismo che diventa sempre più
vasto e abbraccia varie sfaccettature dell'universo artistico. Crea the
fabbric, la sua fucina newyorchese punto di incontro di numerosi
artisti e suo atelier produttivo. In questa sede passeranno e vi
lavorano artisti più o meno noti che entreranno nell'orbita Warhol.
All'interno della mostra, accanto alle opere d'arte si trovano
documenti fotografici che ricreano lo splendore di quegli anni e di
quella società. L'occasione milanese ci permette di capire meglio i
meccanismi dell'arte contemporanea e di godere di una delle mostre più
ampie mai realizzate in Europa su Warhol.
In ultima analisi forse si
riuscirà a capire, al temine del percorso espositivo, come Andy sia
riuscito a realizzare il suo desiderio: entrare nell'olimpo delle
celebrità.
Informazioni sull'Autore
L'
architetto Ferrara ha il suo studio a Monza dove lavora con una
specializzazione nella progettazione di edifici industriali e civili.
Dedica parte del suo tempo alla promozione della cultura italiana
partecipando attivamente all'organizzazione di mostre d'arte.
Ripubblica questo articolo gratuitamente nel tuo sito
Clicca all'interno dell'area e copia il contenuto evidenziato. L'articolo è così pronto per essere ripubblicato dove vuoi.